Bali è forse l’isola più conosciuta dell’arcipelago Indonesiano, con le sue spiagge bianche e nere, i suoi vulcani e gli infiniti templi. Ma cosa la rende così speciale e indimenticabile? C’è solo una risposta a questa domanda: i suoi abitanti.
Ecco quindi che vi racconterò quest’isola attraverso le persone che ho conosciuto durante questo viaggio.
BEP // Ubud.
Milano. Dubai. Bali. Finalmente arriviamo a Denpasar, certe che il nostro host ci sia venuto a prendere. Usciamo nella hall, cerchiamo il nostro nome scritto su uno dei 1300 cartelli tenuti in mano da altrettanti Balinesi, per poi realizzare che il nostro “amico” si è dimenticato di noi.
No problem.
Mentre capivamo il da farsi, eravamo già state abbordate da una quantità indicibile di taxisti pronti a portarci ovunque volessimo, quindi non abbiamo fatto altro che contrattare un pochino il prezzo del nostro viaggio e qualche minuto dopo siamo già bloccate nel traffico in direzione Ubud.
Io e Monica (mia amica e compare in questa disavventura) amiamo cercare posti particolari e poco centrali dove alloggiare, ma questa volta dovevamo aver davvero esagerato, visto che il taxista ha chiamato per ben 3 volte il proprietario per capire la strada da prendere, fino a poi lasciarci in una stradina in mezzo a delle risaie dove ci sono solo cani, galli e una ragazzina che si è emozionata vedendo la mia maglia dei The 1975. Cool band.
Meno male che Bep (d’ora in poi lo chiameremo così, come lo abbiamo sempre chiamato noi, senza sapere il suo vero nome) in sella al suo scooter è venuto a recuperarci e ci ha portate sane e salve al nostro alloggio.
La fatica e l’emozione del primo incontro con Bep sono state prontamente ricompensate dalle attenzioni che lui ci ha da subito riservato, dapprima mostrandoci la nostra bellissima stanza e poi aiutandoci a pianificare il nostro soggiorno a Ubud. Siamo a casa.

Ogni giornata inzia con una colazione iper proteica fatta di banana pancakes, uova, succo di arancia e con la moglie di Bep che prepara i “Canang Sari”, ovvero le offerte quotidiane; questi cestini votivi vengono creati con foglie di palma e arricchiti di lime, noci di betel e gambier (non so bene le traduzioni in italiano, ad ogni modo simboleggiano il Trimurti, ovvero le tre dvinità più importanti Shiva, Vishnu e Brahma. ndr.) e decorati con fiori colorati, qualche spicciolo e riso. Riso che sembra essere il vin santo di ogni Balinese, quindi oltre che in tavola, lo possiamo mettere in fronte, sulla gola, dietro le orecchie e in macchina. Insieme a qualche fiore di frangipani. Perfetto, siamo pronte.

Ubud è una cittadina nell’entroterra di Bali, famosa per la sua arte, i suoi yoga retreats e per Mangia, Prega, Ama. Ecco, nulla è come nel film, se non per il titolo; questa sembra, infatti, essere la routine di ogni persona qui: Mangia. Prega. Ama. Ripeti ancora.
EAT.
Ovunque vi girerete troverete del cibo; tipici ristoranti, piccoli café in mezzo alle risaie, venditori ambulanti e persino gente che vi offrirà del cibo dalla loro casa. Il tutto per una manciata di euro. Ma attenzione, gli indonesiani sono più veloci di mia nonna a sparecchiare, quindi non appena avrete finito il vostro piatto, il cameriere arriverà da voi dicendovi “excuseeeemeeee, heb you pinished?“.
Se per ostentare l’italianità volete concludere il vostro pasto con un bel caffè, beh, non fatelo. Qui l’opzione migliore è il Nescafè (pronunciato Ness-Càfe), altrimenti potete scegliere tra il Bali Kopi o il Kopi Luwak, esclusivo caffè ricavato da bacche mangiate, parzialmente digerite e poi defecate dal culetto di un grazioso pelosino che si chiama appunto Luwak (qui, ne trovate una diapositiva).

PRAY.
In tutta Bali ci sono circa 20.000 templi hinduisti, tutti diversi tra loro, più o meno importanti. Bep ci ha accompagnato a visitarne alcuni, ce ne ha spiegato il significato e ci ha insegnato come vestirci adeguatamente: quasi sempre viene dato in dotazione un sarong all’ingresso, ma è sempre bene avere spalle e ginocchia coperte..e se siete donne, non avere il ciclo. Ma chissà come faranno a capire se una mente.. mah!
Ci sono svariati tipi di Pura (tempio), ognuno dei quali ha una sua specifica funzione nei rituali previsti dal calendario balinese; alcuni sono situati nelle zone montuose o alle pendici dei vulcani come il Mother Temple of Besakih, ritenuto forse il più importante sull’isola; altri sono i cosiddetti water o tirta temples che oltre alla funzione religiosa, hanno anche il compito di regolare l’irrigazione delle risaie circostanti, come ad esempio il Pura Tirta Empul o il Pura Bratan; poi abbiamo i templi dedicati alle singole divinita, come Shiva, Durga o Vishnu. I miei preferiti, però, sono i Pura Segara, ovvero i templi del mare, per i quali la leggenda dice che da ognuno di questi sia possibile vederne il successivo, formando così un anello che circonda l’intera isola. Esempi di questi ne sono il Pura Tanah Lot e il Pura Uluwatu.

Per fare quella che se la tira, ecco l’elenco dei sei templi ritenuti i pilastri di Bali, i Sad Kahyangan (sad = sei, kahyangan = luogo degli dei):
1. Besakih, Besakih Village – composto da 18 templi minori e uno principale.
2. Lempuyang, Karangasem – ritenuto il più antico dell’isola.
3. Goa Lawah, Pesinggahan Village – il più importante dei templi del mare.
4. Uluwatu, Badung – uno dei più suggestivi per la sua posizione a strapiombo sull’oceano.
5. Batukaru, Wongaya Village – chiamato così per la vicinanza al monte omonimo.
6. Pusering Jagat, Pejeng Village – dove troverete statue di genitali sia maschili che femminili, ritenuti il seme della vita.

LOVE.
Non c’è Balinese che resista alla tentazione di dirvi “ai luv you” almeno una volta, che sia in senso figurato o perchè innamorato dei vostri capelli colorati (e qui potrebbe uscirsene con un “I don’t like your hair, but I love you”). Eppure quando parlate con la gente del luogo, vi accorgete subito di quanto squisite siano come persone e come diventi difficile doverle lasciare. Noi abbiamo vissuto con Bep quasi tutti i nostri giorni a Ubud, al punto da considerarci come due figlie; ci ha accompagnato ovunque volessimo, con l’entusiasmo di raccontarci ogni dettaglio del luogo in cui ci trovavamo, sempre con il sorriso sul volto, anche dopo 3 ore in coda in macchina.
Camminando nelle risaie o per le strade della città, le persone ti salutano e ti sorridono cordialmente, ti prendono per mano e ti ungono la fronte con olio sacro e riso (che poi ti rimane appiccicato stile spiderman) facendoti anche recitare una preghiera in balinese.. e chissà che dio abbiamo invocato!
La cosa che sinceramente più mi ha colpito, soprattutto nelle zone più remote e meno turistiche, è come la gente viva veramente di poco eppure abbia sempre il sorriso sul volto e sia gentile anche quando non capiscono una parola di inglese. Hashtag #noccabido.
I Balinesi non sanno cosa sia uno stile di vita frenetico (se non per quando vanno in motorino) e apprezzano ogni gesto, ogni sorriso, ogni persona.
Forse il vero senso della vita è proprio questo e non saranno cento classi di yoga ad insegnarcelo.

WAITSANDBEASCH, Candidasa.
Dopo alcuni giorni passati a Ubud, è tempo di dirigerci verso la costa orientale dell’isola – ovviamente ci accompagna Bep a Candidasa, da bravo papà – alla ricerca del Pura Lempuyang, uno dei templi più instagrammati dai travel blogger, e di un po’ di relax.
Certo, in questa parte dell’isola non c’è molto da fare, se non godersi il mare e la bella vita in una villa con piscina.
Eccoci quindi arrivate nel nostro resort, dove veniamo accolte con uno shooting fotografico di due neo-sposini cinesi, a bordo piscina e con pose a dir poco imbarazzanti. Ma il biutiful è proprio questo e, ovviamente, noi restiamo a guardare.

Scopriamo inoltre che lì vicino, o almeno così sembrerebbe, c’è una famosa spiaggia chiamata White Sand Beach, per la sua sabbia bianchissima e decidiamo quindi di andarci. Chiediamo alla receptionist delle indicazioni ma sembra un po’ complicato, così decidiamo di farci accompagnare dal loro driver (anche perchè ci sono dei cartelli piuttosto inquietanti che ti vietano di chiamare un Uber.. sia mai che poi non ci vengano più a riprendere!)
Eccolo lì il nostro driBer, bello come il sole accecante e con lo stile del bagnino Mario interpretato da Panariello, che ci fa salire in macchina dove vorremmo indossare piumino, scarponi e sciarpa dal freddo che fa.
Ci chiede come ci chiamiamo, da dove veniamo e anche lui non appena sente “Italy” risponde “ooooh, Balentino Rossi”; e così prende al via il Gran Premio Rally di Indonesia, sì perchè per andare in spiaggia devi fare 15 km, di cui la metà su strade sterrate che sembrano abusive e in cui gente a caso ti chiede soldi. Ma in fondo è tutto molto bello, quindi ci concediamo un cocktail in riva al mare e ci godiamo questa giornata in pieno relax.
Waitsandbeasch ormai è il nostro migliore amico e ci accompagna anche nella seconda tappa di Bali Express: la salita al Pura Lempuyang.

Dopo una sveglia all’alba, arriviamo ai piedi del monte, dove ovviamente il monte non si vede perchè c’è una nebbia che Milano se la sogna, facciamo la nostra donazione per entrare, ci vestiamo con dei “comodissimi” sarong e ci affidiamo a un giovanotto locale che per pochi spicci si propone di condurci in cima, aiutandoci a tenere le maligne scimmie alla larga.
Sono circa 1700 gradini, 7 templi, ma lui li farà tutti in infradito. Hardcore.
La credenza popolare dice che se la salita ti spaventa, probabilmente non arriverai in cima, eppure quello che preoccupa noi non è la fatica – in fondo l’anno prima abbiamo scalato il Tiger Temple in Thailandia – ma il fatto che la nostra sfiga ci vede benissimo, anche nella nebbia. E verrà benissimo in foto.

Facciamo la prima scalinata e siamo di fronte alla Porta del Paradiso, sì proprio quella struttura che vedete in ogni foto di Instagram se digitate #PuraLempuyang. E ci credo che le travel blogger sono tutte belle fresche e allegre nelle foto.. avranno fatto sì o no 20 scalini! Il Monte Agung fa capolino in lontananza e tra un salto e una posa sexy (insomma..) il nostro amico in infradito si improvvisa fotografo profesciònal e ci immortala, prima di morire nella scalata.

Saliamo, saliamo, saliamo, nebbia, un tempio, nebbia, due templi, un gruppo che prega, ci aggreghiamo, saliamo, un altro tempio, nebbia, gente che vende cose e si fa ogni giorno 900 scalini (e sorridono!), saliamo, tempio, scimmie, saliamo, nebbia, saliamo e finalmente arriviamo in cima. Infra-amico ci offre una mini banana come ricompensa e noi tiriamo un sospiro di sollievo: dopo circa due ore siamo arrivate al settimo tempio e sembra di stare in Paradiso.. sotto di noi solo la nebbia.
E così si torna indietro, facendo altri percorsi e visitando altri templi e altre persone che hanno bancarelle di cibo in mezzo al nulla.
Per fortuna che in fondo ci aspetta Waitsandbeasch con il suo mega sorriso e i suoi 54 anni! (Si rivelarono essere 30 gli anni reali di WSB, portati talmente male che poveretto sembrava più vicino all’età pensionabile che al matrimonio).
Lasciamo Candidasa per qualche giorno, per andare alle Isole Gili – di cui vi parlerò tra poco – senza dimenticare Waitsandbeasch che ci accompagnerà poi fino a Seminyak.
OH-LEABING e GATTO, Isole Gili.
Lasciamo le valigie a Candidasa e decidiamo di partire solo con due vestiti e una macchina fotografica alla volta delle Isole Gili.
Prima tappa, a bordo di una fast boat, è Gili Trawangan, la più grande delle Gili e la più festaiola. La prima cosa che si nota è che in queste isole non ci sono mezzi di trasporto a motore, quindi decidiamo di prendere delle biciclette e esplorare così il nostro nuovo quartiere.
Ah, tra l’altro essendoci una moschea, ed essendo l’isola attraversabile in meno di un’ora in bici, mi capirete quando dico che siamo diventate best friends del muezzin ed abbiamo imparato anche noi le preghiere obbligatorie dei musulmani, pregando tutte e cinque le volte al giorno.

Dopo un po’ però ti ci abitui a questo stile di vita, saluti i tuoi vicini di bungalow, fai colazione con le cinesine che bruciano il pane mentre si fanno i selfie, fai amicizia con i 25 tipi che propongono “snokkelin” e ti affezioni ai ragazzetti della reception, in particolare a quello che d’ora in poi chiameremo “Oh-Leabing“. Hashtag cuoricino.

A Gili Trawangan la giornata va dal sunrise point al sunset point, infatti ogni giorno ci si sveglia di buon’ora per vedere sorgere il sole e poi si corre in sella alla nostra bici come tanti piccoli olandesi per vedere il tramonto nei posti più suggestivi dell’isola.
Tra una foto sull’altalena in spiaggia e un bagno nelle acque cristalline, c’è tempo anche per fare amicizia con il proprietario di un ristorante in riva al mare, il Signor Gatto. Anche se ci troviamo dall’altro capo del mondo, la nostra anima italiana piace agli Indonesiani che si dilettano a dirci tutte le parole che sanno nella nostra lingua, senza una minima logica; quindi i nostri discorsi con tale signore sono: “Gatto. Mangiare. Valentino Rossi. Italia. Gatto.” il tutto condito con una tartare di sorrisoni e battute alla julienne.
La serata non può che concludersi con una local band che suona musica dal vivo e ripropone grandi classici in versione remix. E così troviamo i Beagles con Welcome to the hotel Gili Trawangan.. tirate subito fuori l’X Factor!
Le sorelle più piccole di Trawangan sono Gili Meno e Gili Air, quest’ultima in particolare è un vero paradiso; l’isola si visita in mezz’ora e rispetto a Gili T è molto più tranquilla, regnano il silenzio e la tranquillità ma ci sono comunque bellissimi posti dove fermarsi a godersi il sole o a mangiarsi un’insalata.. E se vi butta bene vi regaleranno anche una rosa fatta con un semplice tovagliolo di carta.

Seduto su due piedi qui con te ti parlerò di un posto super fico, è Gili Air.”
Applausi.
Il nostro soggiorno alle Gili sta per giungere al termine, a malincuore salutiamo tutti e Oh-Leabing è davvero dispiaciuto; oggi si è messo pure l’abito della festa, con il cappellino stile Blink 182 e le infradito di 5 numeri più grandi. E così ci dice: “Ooooooh, nooo, leabing? realliiii?“
E via, torniamo a Candi-casa, prendiamo le valigie e andiamo a Seminyak dove mi aspetta la torta a sorpresa per il mio compleanno.. E chi l’avrebbe mai detto che sarei stata così felice di festeggiare insieme a dei perfetti sconosciuti?

Io a Bali ci ho lasciato il cuore. E non c’è tramonto o vista sull’oceano che tenga, quello che non dimenticherò mai saranno le risate (o le risaie) e i sorrisi umili di chi ho incontrato in questo viaggio, anche se non mi ricordo i loro nomi.
See you Soon, Bali, bery bery soon.
A breve scriverò anche il post serio, in inglese, su cosa fare e cosa vedere a Bali 😉
Disclaimer: No Balinese people were harmed in the writing of this blog.
